27 Giu La testimonianza dei politici · Acompasando
Politico, resistente e con una certa indifferenza.
Per come stanno le cose, non consiglierei a nessuno di entrare in politica. E allo stesso tempo abbiamo bisogno del meglio. Ma, onestamente, le critiche, i sospetti e le pretese sono talmente tante che non è possibile mettere piede nello scenario attuale senza prima ricevere commenti di ogni genere. A dirla tutta, gli stessi cittadini si stanno lasciando trasportare, quasi all’estremo, dal rifiuto più generale.
Per come stanno le cose, la prudenza non entra nei criteri di nessuno. Ascoltiamo, goffamente, ancora e ancora chi propone risposte “quasi magiche”, istantanee, che si indignano quando tutto non è perfetto o buono. Al punto da insultare e sminuire la democrazia, invece di accrescerla. Purtroppo la risposta estremista trionfa in tutta Europa, con vari segnali, ma sempre radicalizzata, guadagnando adepti tra chi soffre di più.
Di fronte a questa situazione, perché non pensare a cosa sia un vero politico? Sebbene sia una riflessione personale, spero che serva da invito per molti altri a riflettere su ciò che stiamo cercando e ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Prendo alcune delle questioni dagli aspetti più citati e dalle critiche più dure che si fanno oggi a chi si dedica alla politica.
- Prendere decisioni per il bene comune.
I limiti sono chiari: né può decidere per il proprio bene, né per il bene “suo”. In altre parole, un buon governante deve pensare a tutti, non solo alla maggioranza. E, naturalmente, devono essere buoni, cioè sapere cosa è buono e promuoverlo nella società in generale. Ma se i politici hanno questi limiti, anche i cittadini dovrebbero rispondere alle stesse chiavi: valorizzare ciò che si fa con una visione alta, non solo pensando se mi conviene o se mi favorisce; e sapendo ciò che è buono, considera il meglio e cerca di ottenerlo. A proposito di quest’ultimo, una piccola precisazione: le grandi decisioni non le dobbiamo prendere tra il bene e il male, perché la risposta sarebbe più o meno chiara, ma tra il bene e il meglio, dove le questioni sono più diffuse. A nulla servono i ragionamenti estremi degli adolescenti, che vedono tutto nero su bianco.
- Circondati di una buona squadra.
Se qualcuno ha avuto responsabilità, di qualunque genere, e ha dovuto coordinare una squadra (anche in un campo), pensate quali sono le difficoltà ed estrapolatele al governo di una nazione. È importante circondarsi di una buona squadra? Sarà facile avere un buon team di centinaia di persone, data la portata del problema? Questo non può essere garantito nemmeno dal più onesto, onesto e ben disposto di coloro che si candidano. Tuttavia, è assolutamente necessario. Quindi la questione non è solo chi “mette la faccia” in prima fila, ma in tutti coloro che lavorano in un modo o nell’altro nell’amministrazione e nel governo, e in definitiva i cittadini. Nemmeno un partito politico può garantirlo all’interno delle proprie “ranghi” (non mi piace molto il linguaggio militarizzato in politica).
- Essere dialogante
Infine, mi concentro su una domanda fondamentale ed essenziale, facile da nominare e molto meno da esercitare. Ognuno, ognuno di noi, può trovare i limiti del dialogo autentico, e allo stesso tempo affermare che, data la diversità delle società urbane odierne, è assolutamente essenziale. Il dialogo avviene davvero quando ci sono persone disposte a parlare. Ed è una cosa che, quindi, non si può pretendere solo dai governi ma da tutti quelli che dicono –espressione brutta, dove esistono- fanno opposizione –preferisco il controllo, gli accordi, e tanti altri…-. La politica del dialogo, dunque, non spetta a pochi del gruppo, ma a tutti coloro che fanno politica. E questo è davvero un indicatore chiave per i cittadini, che possono vedere chi è più o meno disposto a dialogare argomentando, e non tanto ad ascoltare i rimproveri tra loro su chi parla più o meno.
Nel corso del XX secolo, chi di noi ha studiato la nostra storia più immediata o la sta percorrendo, ha percepito che si era svuotata di autentici intellettuali e che chi arrivava con buone intenzioni spesso rimaneva allarmato dalla situazione o si sentiva impotente di fronte le masse. In certi vivai crescono solo le proposte più esagerate, le promesse più assurde, e tutto finisce nelle mani di interessi troppo estranei al bene comune. Basta guardarsi indietro, con una buona prospettiva, per percepire come in una democrazia l’errore e la manipolazione non di rado colpiscono la stragrande maggioranza. Prevenirsi da questo, con strumenti di pensiero e giudizio e dialogo personale, è assolutamente necessario oggi, anche se lo sforzo continua a portare molti a scegliere sempre di più l’errore sul bene.
José Fernando Juan